Tra le varie cause legali che influenzeranno il futuro della generative AI vi è quella intentata una manciata di giorni prima del brindisi di fine anno dal New York Times, nei confronti dei principali provider per “uso non autorizzato di opere pubblicate per l’addestramento dell’intelligenza artificiale”. In breve, spesso capita che le risposte degli strumenti di AI siano una copia o semplici parafrasi di articoli del quotidiano newyorkese (e, chiaramente, di molti altri media), e pertanto il NYT vuole essere pagato per l’utilizzo dei suoi testi. Inoltre, la generative AI ha anche un altro problema, quello delle cosiddette “allucinazioni”: infatti se da un lato, spesso non cita la fonte delle proprie risposte, viceversa altre volte attribuisce erroneamente informazioni terze – plausibili, ma false, o comunque non verificate – a giornali, quotidiani e media che incappano così in un danno reputazionale.

Il tema dell’attribuzione del diritto d’autore è già di per sé di grande complessità. In aggiunta, o in un contesto più ampio dell’attribuzione di un’opera, di una scoperta scientifica o di una nuova applicazione tecnica, vi sono molte sfaccettature che vanno al di là della giusta remunerazione. Ad esempio, se l’AI è utilizzato per ricerche o analisi su temi molto specifici, dove sono disponibili un numero limitato di fonti, non diventa più impellente che l’autore venga identificato e riconosciuto? E, appunto, come gestire i casi in cui le risposte del sistema sono semplici parafrasi di un articolo accademico o di un articolo di giornale?

Vi sono poi i casi in cui la raccolta di dati e informazioni è molto costosa. Chi vorrà investire in ricerche il cui utilizzo non sarà propriamente riconosciuto o remunerato? Se, per esempio, il sistema produce informazioni sul risultato di un’elezione politica o di una partita di calcio senza concordare con l’agenzia di stampa che ha i suoi inviati sul luogo? O se riporta paro paro l’esperienza personale di un reporter di guerra che ha rischiato la vita sul posto senza attribuirne la fonte? Insomma, senza dubbio una qualche forma di riconoscimento delle fonti utilizzate e potenzialmente un sistema di remunerazione di ciò che contribuisce all’AI andrà trovato. Come si è visto, tuttavia, al momento le difficoltà appaiono quasi insormontabili, data la numerosità delle fonti, il loro diverso peso e la imponderabilità dei singoli contributi: sarebbe come ricostruire il contributo che quello specifico romanzo di Balzac o quel giornalino di Tex Willer letti a quindici anni hanno plasmato il timbro linguistico di questo articolo. Tra l’altro, con il costante movimento magmatico delle fonti utilizzate – nuovi testi, nuove informazioni – l’AI avrà, con tutta probabilità, un tratto molto umano: risposte differenti alla stessa domanda posta in tempi diversi. L’eventuale attribuzione delle fonti insomma si rivela presto ancora più complesso di quanto non lo sia già qui giù tra gli umani.

Tratto da https://fondazionefeltrinelli.it/scopri/intelligenza-artificiale-copyright/

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