Sono giorni di elezioni in Gran Bretagna. Tra i temi centrali della accesa campagna elettorale vi è lo stato – pietoso secondo molti e assolutamente da rilanciare per tutti i partiti – del sistema sanitario nazionale, l’NHS. La copertura sanitaria universale fu introdotta per la prima volta proprio in Inghilterra, nell’immediato dopoguerra, come parte delle politiche del Welfare state, che offriva supporto ai cittadini “dalla culla alla tomba”.
Pur in crisi, il sistema sanitario è così popolare che il suo rilancio è oggetto di feroce dibattito in tutte le campagne elettorali degli ultimi anni, con il sostegno di entrambi gli schieramenti: per dire, ai tempi del referendum, sostenitori della Brexit promisero (in modo chiaramente fraudolento) che avrebbero ridiretto i fondi del budget europeo per un rilancio della sanità. In Italia si cominciò a lavorare ad un sistema sanitario nazionale con notevole ritardo solo a metà degli anni sessanta, in parte proprio su ispirazione dell’apparente successo del sistema inglese.
I primi passi avvennero con l’introduzione del Fondo nazionale ospedaliero (Legge Mariotti del 1968), nel cui impianto l’ospedale diveniva il centro di un’assistenza sanitaria universale e gratuita, sostituendo quanto svolto, spesso su basi caritatevoli, prevalentemente da opere pie o associazione mutualistiche.
Prevaleva al tempo un coacervo di sistemi assistenza, parte privati – in certi casi legati ad associazioni di categoria – parte pubblici, con sacche di privilegio e una vasta platea di esclusi, affidati alla carità o abbandonati a sé stessi. Per un paese, il sistema sanitario è un simbolo dell’approccio alla cittadinanza e dell’unità della nazione: per l’Italia – pur con le persistenti differenze tra regioni, mai di fatto eliminate – il carattere nazionale della sanità, anche quando in gestione alle Regioni, ha contribuito ad un senso di unità e di destino comune forse quanto le autostrade e la TV. Per questo è difficile non essere profondamente preoccupati per gli effetti dell’autonomia differenziata.