Immaginate che dalla nascita siate tenuti prigionieri nella biblioteca di Alessandria: una volta cresciuti, il risultato non sarà molto distante dall’intelligenza artificiale. Dalla fine del settecento si diffuse un grande interesse per casi di persone che – perse o abbandonate alla nascita – venivano poi ritrovate e reinserite nel mondo civile: la diffusione del metodo scientifico agì da stimolo per studi sull’apprendimento, volti a capire, nell’uomo, ciò che è innato rispetto a ciò che viene appreso attraverso l’istruzione – nature vs nurture (compito che, peraltro, si rivelò quasi impossibile). Uno di questi , Peter the Wild – ritrovato nella foresta della città di Hamelin, suscitò un vivissimo interesse nell’ambiente aristocratico dell’epoca e venne portato al cospetto del re d’Inghilterra Giacomo I, tanto da essere adottato dalla famiglia reale e portato a Londra.

Immaginiamo per un momento un tale “selvaggio” che sia in grado di leggere, e a cui mettiamo a disposizione tutti i piani, le sale, gli scaffali e i volumi contenuti nella leggendaria biblioteca di Alessandria – la più completa, quella che contiene tutto quanto sia mai stato scritto: nulla di più di un misero sostentamento, ma una enorme massa di libri. Il nostro barbaro, ma vorace lettore avrà un apprendimento molto particolare: privo di esperienza pratica dei temi discussi, senza la mediazione di altri essere umani, né compagni di scuola, o maestri, amici o detrattori; e senza poterne osservare le reazioni: gli occhi che si alzano al cielo, i sorrisi o le adombrature, sguardi interrogativi o gesti di disapprovazione o ostilità; senza averne un’esperienza tattile, olfattiva, ne farsi sopraffare da dispiaceri, gioie, ire. Un’accelerazione del battito? Sarà l’“amor ch’al cor gentil ratto s’apprende”, come l’emozione descritta da Francesca nella Divina Commedia di Dante? O sarà l’effetto di quel particolare disturbo del ritmo cardiaco che sul manuale di anatomia passa sotto il nome di “tachicardia ventricolare”?

Di fatto il meccanismo di apprendimento sarà quindi interamente meccanico: alla domanda “come stai?”, il nostro “selvaggio” ripercorrerà tutti i casi in cui si è imbattuto nella stessa formula, in tutti i testi che ha avuto occasione di consultare. Dotato di prodigiosa memoria, rammenterà che normalmente la risposta è costituita da due alternative: “bene” o “male”. Il campo delle possibili risposte si è già abbastanza ristretto; ma quale scegliere tra le due? Beh, ripercorrendo quanto letto in passato, se nello scambio che ha preceduto la domanda si fa menzione, per dire, di “mal di denti”, “debiti insoluti”, “tradimenti d’amore” o simili, in genere la risposta sarà “male”; se invece, si fa menzione a “sole e amore”, “vincita al lotto”, in genere, si dirà “bene”.

L’esempio è solo in apparenza faceto. L’intelligenza artificiale generativa (generative AI) è un modello di apprendimento linguistico basato, essenzialmente, sulla ricorrenza statistica. Avendo a disposizione una potenza di calcolo enorme, in grado di analizzare milioni di testi in tempo reale, può ricostruire frasi e concetti, riproducendo con senso compiuto il linguaggio umano, basandosi solo sull’associazioni tra parole. È un processo di apprendimento per ripetizione che – per certi versi – è paragonabile all’acquisizione delle regole grammaticali da parte di un bambino. D’altronde anche noi stessi, nell’imparare a parlare, non ci siamo curati di sapere che il condizionale segue l’ipotetica: senza neppure sapere cosa sono i modi verbali, abbiamo imparato a usarli per assimilazione, avendoli sentiti da altri.

Tratto da https://fondazionefeltrinelli.it/scopri/intelligenza-artificiale-copyright/

 

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